Quando il licenziamento è illegittimo? Casi soggettivi e oggettivi

In un momento di forte recessione finanziaria, tanti si domandano quando il licenziamento è illegittimo e quali soluzioni si hanno in caso di tali azioni. Ogni lavoratore per legge, è tutelato da diritti e normative ben specifiche, che purtroppo fin troppe volte non si conoscono.

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Quando il licenziamento è illegittimo? Tutti i casi

Prima di specificare quando il licenziamento è illegittimo, sicuramente dobbiamo avvisarti che il caso varia in base alla tua situazione specifica. Ad esempio, se avessi un contratto di lavoro a tempo indeterminato il datore di lavoro potrà licenziarti soltanto per un giustificato motivo o causa.

Con un tempo determinato invece, visto e considerato che c’è una scadenza specifica, il datore di lavoro potrà stabilire senza alcun vincolo, di non rinnovare l’impegno e “lasciarti a casa”.

Prima che il licenziamento possa risultare efficace, quest’ultimo dovrà essere in linea con le norme previste dalla Legge. I casiin cuil’allontanamento definitivo dal posto di lavoro possano annullare tale decisione, sono:

  1. Scelta di licenziamento per motivi ingiustificati.
  2. Il licenziamento è opposto alle norme imperative di legge, in contraddizioni con i principi generali e civilistici previsti dagli atti e contratti sottoscritti del lavoro subordinato.
  3. Discriminazione, ritorsione e “aggressione” orale per convincere il lavoratore a lasciare il posto.

A stabilire la fattibilità o meno del licenziamento è il giudice, il quale stabilirà se sarà il caso di reintegrare il lavoratore in azienda. Se venisse presa tale decisione, non solo il capo dovrà assumere nuovamente il suo ex dipendente, ma dovrà corrispondergli le retribuzioni mancate da quando è stato mandato a casa.

Anche i contributi assistenziali e previdenziali rimangono a carico del datore di lavoro.

Regolamentazione del licenziamento: cosa dice la Legge?

A regolamentare il licenziamento è la Legge n. 604 del 15 luglio 1996, dello Statuto dei lavoratori e della Legge n. 108 del 11 maggio 1990, in cui si appura che il datore di lavoro è libero di risolvere il contratto di lavoro nei confronti del suo dipendente, soltanto per giustificati motivi (soggettivi o oggettivi), per giusta causa o per licenziamento collettivo.

È palese che la differenza tra motivi soggettivi ed oggettivi potrebbe risultare contorta. Ecco perché, abbiamo voluto mettere in evidenza le due motivazioni.

Ecco quali sono i fattori valutabili come “soggettivi”:

  1. Molti ritardi sul luogo di lavoro;
  2. Lavoratore inadempiente rispetto agli obblighi contrattuali concordati con il datore;
  3. Detenzione per una o più condanne ricevete in passato;
  4. Carcerazione preventiva del lavoratore;
  5. Superamento del “comporto”, oppure assenza per “malattia prolungata”.

Il giudice, contrariamente a quanto descritto adesso, potrà valutare come licenziamenti oggettivi tutti quei casi in cui:

  1. Si verifica una riduzione complessiva del personale;
  2. Impossibilità per trasferire i cantieri al termine dei lavori;
  3. Liquidazione o fallimento dell’azienda;
  4. Chiusura di una filiale;
  5. Soppressione dell’attività di lavoro perché risultata “antieconomica”;
  6. Ulteriori motivi descritti nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro;
  7. Riorganizzazione aziendale per migliorare la gestione delle risorse economiche.

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